domenica 20 maggio 2012

Brindisi, 19 maggio 2012. Scuola, bomba, Melissa.

Mi chiamo Teresa. Dico il mio nome perché vorrei che tutti mi sentissero come tale, come Teresa, mi chiamassero con il mio nome come accade per tutte le cose. Vorrei che conosceste il mio nome, perché mi consideraste come una della vostra famiglia, una vostra amica, una vostra compaesana, una compagna di scuola, una vicina. Una di voi, noi. Quando ho appreso della notizia, la prima persona a cui ho pensato è stata mia sorella. Si chiama Giuliana, ha compiuto diciassette anni una settimana fa e frequenta il liceo accanto a casa. Il pensiero dei sedici anni di Melissa Bassi che sono finiti dalle 7:42 alle 7:43 di fronte al cancello dell'Istituto mi hanno fatto provare un profondo dolore personale. Non conosco i sogni di Melissa, ma conosco i sogni della mia sorellina. Giuliana non ne parla spesso, non utilizza mai parole esplicite, ma io cerco di leggere i suoi sogni in tutti i suoi comportamenti. Ho visto crescere uno dei suoi sogni fin da quando era piccola ed ho imparato a fare qualcosa per accrescerlo, ogni giorno. Ho visto nelle sue lacrime, nel suo mutismo e nella sua forza nel contraddirci il suo desiderio di essere trattata con dolcezza. Mi ha sempre colpito quel corrosivo opporsi alle nostre azioni quando, per stanchezza o per influenze esterne, ci scordavamo di comportarci secondo l'ispirazione dell'amore. Per lei, per noi, per tutti. L'ho sempre ammirata, sin da quando era molto piccola, per questo suo testimoniare, all'interno della nostra famiglia e poi tra i suoi amici e nella sua scuola, a favore del fatto che il modo di fare giustizia attraverso il fare le cose è farle con amore. Non mi ha mai parlato dei suoi sogni più concreti, che sicuramente sono molti, ma io tengo sempre a mente questo che ho compreso e ne traggo ispirazione. In qualche modo, questo suo sogno da molto tempo è diventato anche il mio. In qualche modo, lei è diventata il mio sogno. Non so se faccio bene a pensare a Melissa Bassi in questi termini, ma quello che io ho pensato non è un parallelo. Non conosco quali siano stati i suoi sogni, è naturale immaginare che a sedici anni ne avesse molti, ma ho la speranza che lei avesse questo sogno antico, mio, di mia sorella e di molti altri. Immaginiamo che Melissa avesse questo sogno. Immaginiamo che Melissa diventi il nostro sogno, ed insieme a lei lo diventasse anche la sua compagna di classe ferita e gli altri giovani e bambini che vediamo attraversare le strisce per entrare a scuola e quelli che attraverso il vetro sono chini sul libro, quelli che all'aria aperta o tra le mura delle nostre case lavorano con dignità, quelli che ridono nei bar, quelli che piangono in bagno, quelli che si coprono il volto ai funerali. Vorrei che loro fossero il vostro sogno, vorrei che noi fossimo il vostro sogno. Vorrei che all'interno della vostra bella speranza ci proteggeste, ci accompagnaste a scuola e comprendeste, finalmente, la nostra paura di voi, che uccide, a volte nel corpo, a volte con ferite della mente che non si vedono. Vorrei che in questa società fosse ristabilito un ideale di giustizia. Vorrei che i governi e coloro che li eleggono smettessero di cercare di salvare o costruire una società in cui tutti possano comprarsi un i-pad, tutti possano fare le vacanze con Ryan Air, tutti possano comparsi la seconda casa e affittarla, tutti possano conquistare utopicamente quegli status symbol che dopo un anno sono già marci. Buttate, buttiamo tutto questo nel cesso, ristabiliamo il vero significato di quello che è un semplice mezzo e di ciò che invece dovrebbe essere il fine. Vorrei che il sogno della società, delle famiglie, dei governi, delle persone fossero i giovani. Vorrei che vi fermaste a comprendere la nostra frustrazione, diversa da quella scritta sui libri e non ci guardaste con dolore soltanto quando moriamo (davanti alle scuole, nel privato delle case, nella solitudine dei campi, nelle missioni di pace). Vorrei che al sogno, ai giovani fosse data quella stessa dignità che fu data al lavoro quando fu scritto nel primo articolo: L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. Vorrei che i sognatori ed il sogno fossero fatti della stessa materia, della materia di cui è fatto l'uomo. Una materia bellissima che ha la capacità di tendere oltre i limiti ed inventare nuova conoscenza. Una materia che è la negazione della morte e vince contro di essa. Amen.