lunedì 19 marzo 2012

Libera come il vento.


Le persone dovrebbero essere libere come il vento. Con dignità visitare le radure del mondo e tessere melodie tra le fronde degli alberi. Ma la maggior parte delle persone non si comporta a questo modo. Rimane vergognosamente vicino alla terra, come il fiato di una cloaca, stagnante. Si incrostano sul freddo metallo in forme e colori simili a corolle marcite, non permettendo più a nessun volto di riflettersi su ciò che era limpido come l'acqua. Tutto ciò che è immobile ed insano è ritenuto legittimo e giustificabile, tutto ciò che è retto è ritenuto burbero ed privo di valore, tutto ciò che è puro è trasparente. Così non nasce più niente di leale, vero e perverso...sì perché anche quella perversione creativa propria della follia nasce dal puro contatto con l'anima. C'è un chiacchiericcio insopportabile; dei giudizi, dei rifiuti, delle prese d'atto, delle cene, degli incontri, dei messaggi, dei passi. Metterei un non di fronte a tutte queste parole ed a molte altre, per descrivere gli altri. 
Quanto è vecchia l'umanità? Siamo noi coloro che hanno imparato ad utilizzare il fuoco, abbiamo camminato e nuotato perché non potevamo volare e siamo arrivati ovunque, su ogni terra? Siamo noi coloro che hanno fatto della natura, casuale ed eterna, il meraviglioso regno della limitatezza? Non dico limitatezza per limitatezza: ci sono i limiti, è vero, e sono dolorosi da accettare, ma è meraviglioso vivere sapendo di morire, un giorno; amare, sapendo di morire, partorire, sapendo di morire. Gli animali, loro non lo sanno, loro vivono per sempre, loro sono la specie. Ma allora tutta questa superficialità, questo male che si perpetua attraverso le radici della stupidità, è il prezzo della nostra sovrabbondanza? Prima il fuoco, poi la caccia, poi le migrazioni, poi le mandrie, poi i campi, poi i cani pastore, poi i mattoni, poi i carri, poi le città, poi le strade, poi le rotte marittime, poi i mercati, poi le guerre, poi la pace, poi la politica, poi la medicina. Durante tutto questo progresso che ha sempre in sé il peso del regresso, è necessaria questa massa di persone che si sposta e non si fa domande? Sono loro la vera materia prima dei cambiamenti? E noi, piccoli diavoli arrabbiati, siamo le ulcere dalle quali spuntano nuove braccia mutanti? Molte vengono strappate, e qualcuna nella concitazione chiude la mano a pugno e riesce a resistere, fino a quando non viene dimenticata, e la massa prende la sua forma. Io vorrei vivere in un mondo che non è superficiale. Vorrei che le persone, quando cacano e finiscono la carta igienica, fossero consapevoli del fatto che qualcuno cacherà dopo di loro, e cambiassero il rotolo. Vorrei che non si incoraggiasse la sofferenza e lo spreco per ottenere i propri, futili fini, temporanei piaceri , così istantanei che mi è davvero difficile immaginare quanto desiderio si possa avere da soddisfare. Più riesco a capire me stessa, meno capisco gli altri. In passato, era esattamente l'opposto: non capivo niente di me stessa, ma capivo molto bene gli altri, avrei potuto scrivere un'analisi dettagliata a proposito delle loro azioni. Mi sapevo ben comportare in società, ero ben voluta ed accettata, come interprete delle mia parte. Questa era stata la mia evoluzione, a partire da un rifiuto che la società mi aveva fatto subire durante l'infanzia. Ma le reazioni non finiscono mai di susseguirsi, come la ricerca della felicità. Per me, ha voluto dire questo, capirmi, sciogliere quelle maledizioni che mi pesavano su di me il giorno e la notte. Non è finita, devo ancora ricordarmi cosa mi piace e cosa voglio fare. Devo ritrovare ciò che ho perduto di me, devo cantare forte nel presente perché il futuro sia ora. Ecco, è questo quello che sto facendo, adesso. Non è una ricerca conclusa, la mia, anzi, io vorrei che fosse infinita. Ma a questo punto, me lo ripeto da un po', mi capita di sperimentare la comprensione verso me stessa e l'incredulità verso gli altri. Non sono più cinica, non sono più mascherata. Sono un essere vivente attonito di fronte alla stupidità.
Ricordo me stessa, molti anni, fa, quando nel mio lettino, dopo cena, leggevo gli ultimi capitoli di Jolanda, la figlia del Corsaro Nero. Rivedo quelle righe, nelle quali il capitano Henry Morgan lascia al sicuro Jolanda per andar a pugnar contro il nemico. Jolanda cerca di fermarlo, è terrorizzata all'idea che quell'uomo muoia e non torni mai da lei, che quella sia l'ultima volta che lo può vedere di fronte a sé. Se morirò, risponde lui, avrò il vostro nome sulle labbra.
Alzai il capo, chiusi il libro. Ero senza fiato, mi sentivo costernata ed accaldata. Non potevo andare ancora avanti se non mi fossi calmata. Quella frase mi aveva lasciata di stucco e mi aveva riempito di una tale gioia. Ero felice che si potesse provare una cosa del genere, che si potessero usare parole del genere per esprimere un sentimento, che si potesse raccontare e leggere su un libro immortale. Per me, quelle parole erano reali. Il mio cuore palpitava felice che quelle righe si fossero materializzate, di fronte a me. Quelle parole, per me, sono reali ancora e sempre. E mi sento come me stessa, come Henry Morgan, come Jolanda, come la pagina, come l'inchiostro, come la penna. Come il vento. Libera come il vento.