domenica 30 gennaio 2011

Memoria.

Questo è un post che avrebbe dovuto comparire circa tre giorni fa, il 27 gennaio. Ma sapete com'è, ci sono conferenze, appuntamenti, esami, sessioni di studio, pranzi e cene, puntate ai bar notturni (rare), incontri con amici più o meno storici che si travestono così perentoriamente in scuse. Ogni anno per il Giorno Della Memoria sono solita indirizzare una mia azione giornaliera in quella direzione, quella della memoria: mi guardo un film, seguo un documentario alla televisione, scrivo qualcosa di inerente. Ma, ripeto, "sapete com'è", o miei invisibili, dove abito adesso non ho la televisione e malgrado ormai essa possa essere sostituita la computer, non appena mi avvicino ad esso, il vampiro Facebook mi agguanta con le sue lunghe dita e non mi permette di concentrarmi su film o documentari. In quanto a scrivere una riflessione...in questo periodo partorisco con difficoltà parole significative, che comunque non si riproducono e sterili rimangono in fila su uno o due fogli al massino, derubate di movimento e colore dalla mia inettitudine. Chissà...forse se rimasesse qualche traccia umana di qualcuno che leggesse ciò che scarabocchio in sembiante di alfabeto fonetico.


A parte queste divagazioni introduttive su me stessa, comincerò a trattare il reale argomento che mi sta a cuore in questo momento. La Memoria, che nel 27 gennaio punta i suoi occhi iperriflettenti sugli orrori nazisti che si sono svolti in Germania, Polonia, Austria, Francia, Italia a partire dal 1939 fino al 1945.


Almeno per sentito dire, tutti i dati di questo genocidio sono giunti alle nostre orecchie: 6 milioni di ebrei morti (documentati, vale a dire...molti di più), la popolazione ebrea di un paese come la Polonia quasi completamente sterminata, cittadini polacchi deportati e sfruttati come bestie perchè ritenuti razza inferiore "da soma", rom rinchiusi nei campi di sterminio assieme ai giudei, ai comunisti, alle famiglie dei dissidenti, agli omosessuali...

Il grande popolo dei "diversi", che sempre vengono offesi "così per dire" in proverbi, barzellette, storie goliardiche, canzoncine popolari, pubblicità, telefilm e film dalle pretese di comicità, è stato effettivamente oggetto di un tentativo di sterminio fisico (e morale e psicologico) circa sessant'anni fa, anche nel nostro stesso paese, l'Italia.


Ieri sera ho guardato in televisione la replica del porgramma su la7 di Marco Paolini e Gad Lerner "Ausmerzen". Hanno trattato il tema poco conosciuto dei programmi di eutanasia che furono applicati durante il Terzo Reich in Germania negli ospedali psichiatrici. Persone disabili, portatrici di malattie genetiche, ritardati, con malattie della psiche (a quell'epoca anche l'alcolismo era considerato tale e curato in manicomio), soprattutto in tenera età, vennero spenti da medici ed infermieri. Li sottoposero a diete povere di grassi programmate per farli morire entro un certo numero di settimane, oppure sperimentarono su di loro medicinali e vaccini. Tutto questo all'insaputa delle famiglia, alle quali veniva spedita una corrispondenza falsa.

L'accento è stato posto sul ruolo dei medici in questa vicenda: psichiatri progressisti che hanno visto in questo programma una nuova applicazione dell'ormai perduto ruolo della sana selezione naturale. In pratica una soluzione ai problemi dell'intero globo. Gad Lerner ha posto la domanda (Cosa avreste fatto voi?) alle persone presenti in sala, ed io mi sento forse di azzardare una risposta, essendomi io avviata sulla difficile strada della Medicina. (che, come ha fatto notare uno psichiatra ieri sera, non è una scienza, ma una PRATICA, che si basa su conoscenze scientifiche. Principalmente comunque è una pratica ASSISTENZIALE. Senza l'empatia, la comprensione, il desiderio di farsi servi di chi soffre, che stanno in equilibrio con la scienza, non si può parlare di Medicina.)

Ho deciso di studiare Medicina in seguito ad una lunga riflessione, avvenuta circa quattro anni fa, che non mi portò a niente. Per quanto riflettessi e valutassi tutte le facoltà per le quali mi sarei vista più adatta, non riuscivo a decidere con serenità e la mia coscienza mi allarmava su quanto la mia ansia mi stesse impedendo di capire cosa volevo.

Non avevo mai pensato a Medicina fino a quando non decisi, in un secondo, che avrei fatto quella. Sono stata un po' una "Paola" fulminata sulla via di Damasco. Nei mesi seguenti, per quanto fingessi di stare ancora ponderando, avevo già bell'eddeciso.

Non ho compreso subito i termini del mio sillogismo, fino a quando non sono stata, nel maggio di quello stesso anno (2007), in visita ai campi di sterminio in Polonia, Auschwitz e Birkenau, e in Austria, Mauthausen. In quei luoghi ho realizzato molte cose ma per non disperdere l'argomento, mi concentrerò solo su alcune.

Compresi che per procedere secondo giustizia, una delle cose fondamentali da fare è uscire fuori dal ruolo che la massa, con la sua mole, ha improntato su di te. Ci si può fidare anche dei singoli, ma si deve sempre diffidare quando qualche migliaio di loro sembra essere completamente d'accordo su una cosa. E' umanamente impossibile, se le persone si conservano fedeli alla loro umanità. In quel caso, è successo che qualcuno li ha condizionati. Io sapevo che a quel tempo tutti si sarebbero aspettati da me una scelta universitaria ovvia, Lettere, Archeologia, Scienze Politiche...Così decisi di andare CONTRO, di non fermarmi di fronte all'immagine di me che gli altri avevano costruito.

Capii inoltre che per quanto l'arte, l'appagamento dato da quello in cui ero brava, cioè la scrittura e quant'altro, non sarebbe mai bastato a rendermi felice. Per poterlo essere, dovevo mettermi al servizio della vita, al servizio degli altri. In questo mondo meschino ed individualista, andare CONTRO e curare chi magari mi scruta con la puzza sotto il naso, senza aspettarmi nulla in cambio. Questo mi rende felice.

Ultimamente ho riflettuto sulle "Vocazioni". Ognuno dà un nome alla sua. Bene, la mia vocazione ha due nomi. Si chiama Persone, e Sentimenti.

Per questo insieme di cose io credo di poter rispondere a Lerner...no, io non avrei seguito i protocolli. Piuttosto, avrei voluto seguire nella morte e nella sofferenza i miei pazienti.

Buona Memoria, e buon Futuro, mia piccola stretta umanità.

Ernest Lossa (1929-1944)
Mezzo zingaro orfano di madre, viene allevato insiema alle sorelle nell'orfanatrofio di Augusta dopo la presunta morte del padre, di etnia rom, nel campo di concentramento Mauthausen nel 1939. A seguito di alcuni furti che egli compie a scuola e della difficoltà nel gestirlo, viene ritenuto psicopatico nel 1940. Nel 1942 è trasferito nel sanatorio di Kaufbeuren dove rientra nel progetto nazista "Eutanasia". Viene infine trasferito ad Irsee, dove viene assassinato con un'iniezione letale il 9 aprile 1944, all'età quindi di 12 anni.

Estratto dal programma "Ausmerzen" del 27/01/2011

http://www.youtube.com/watch?v=nGuVeFfizIU