lunedì 13 giugno 2011

Il coraggio di essere Donne.

Ripensando alla mia adolescenza, credo che il conflitto con la mia femminilità sIa stato uno dei più importanti della mia vita. Più pesante dello scontro con il padre e con la madre, più rischioso del confronto con il sesso maschile, più invalidante dell'incontro con l'alcool. Non ne avevo una piena coscienza allora, eppure ho capito adesso che è stata una lotta di sofferenza sostenuta da me contro la femminilità e dalla femminilità contro di me. Ancora adesso, percepisco i limiti che la femminilità pone allo sviluppo del pensiero.
Ma lasciatemi spiegare. Non è più di moda essere femministe. Ma io di queste cose voglio davvero parlare. Non come femminista...ma come essere umano.

C'è una certa pulsione al comportarsi come oggetti in tutte le donne. Una certa tendenza alla passività, alla reificazione (dal latino res, rei = cosa della propria persona). Questo perché il corpo della donna funziona come una sorta di talismano. E' qualcosa di terribile abitare dentro ad un corpo che emana un'aura del genere e non ti risponde a seconda di cosa vuoi o non vuoi fare.
Comunque, partiamo dalla bellezza. Quella esteriore, del corpo. La bellezza delle forme, degli occhi, delle ciglia, dei capelli, dei colori, dei vestiti. La bellezza è donna. Si potrebbe quasi dire che la donna è la bellezza. Se la si guarda da lontano, senza farla parlare, la donna potrebbe sembrare quasi un abito. La donna indossa il proprio corpo nel modo migliore e ne fa il suo principale mezzo di espressione. Quante volte si ha l'impressione di non dover chiedere nulla alla donna, perché ella sembra esprimere tutto ciò che vuole con il suo abito, il suo trucco, il so sguardo. Il suo parlare, se avviene, è di circostanza, non lascia intendere niente di più significativo di quanto non dica il suo corpo, il suo abito. Da questo punto di vista, la donna vive d'esteriorità. E come donna, non lo posso negare. Perché ho vissuto un doloroso conflitto con questo: per molti anni, il mio fisico se ne è rimasto muto. Si trattava di un linguaggio di cui non ero a conoscenza ed ogni mio tentativo risultava goffo e stonato. Per anni interminabili, il canale che io avrei voluto sfruttare, quello della parola e della ragione, quando veniva da me espresso, scorreva come acqua piovana e lasciava un alone invisibile, che asciugava in tempi brevissimi. Tutti coloro con cui tentavo la relazione non ascoltavano la mia voce pensante, ma mi GUARDAVANO. E non vedevano niente. Adesso mi spiego quei "Sei così noiosa" che allora mi lasciavano di stucco: parlavo per ore di cose insolite ed interessanti, esprimendomi con intelligenza e carisma, come mi veniva naturale...ed alla conclusione della conversazione, noia nell'interlocutore, che pure era intervenuto nello scambio di idee con voracità.

Ci sono voluti anni perché io comprendessi questo meccanismo. Se fossi stata un uomo, credo che questo non sarebbe accaduto. (Preciso: non sarebbe andata così, cioè sarebbe andata in modo diverso. Non migliore, non più facile. Naturalmente non nego che anche gli uomini "diversi" trovino difficoltà d'espressione: ogni uomo deve confrontarsi con le aspettative che si hanno sul genere maschile, la mascolinità, il vocione, la barba folta al grado giusto, l'ostentata sicurezza eccetera. Ritengo che però i criteri di "giustezza" per un maschio siano più sfumati e meno direttamente connessi con il suo modo di confezionare l'aspetto fisico e tangibile. Questo non rende le cose più facili per i maschi. Ma qui si divaga.)
Come ho detto all'inizio, questa è soltanto una e parziale stranezza tra le anomalie della mia adolescenza, ed ha fatto da spartiacque tra me e la maggior parte delle mie coetanee.
A causa di queste esperienze (e di molte altre) c'è stata una consistente anomalia nella mia espressività: non che fosse vacante, ma era poco bilanciata, rosa dal desiderio di riuscire, come le altre, a farsi accettare per quella che ero. Il problema reale è che non sarei mai riuscita nel loro modo, perché io ero, sono, molto diversa.

Ma perché? Quale è il motivo per cui ci sono donne così e donne cosà? Perché c'è una massa di braccia, gambe e seni di Monica Bellucci che girano per le strade, e tra queste a volte emergono donne diverse? Donne che lottano strenuamente, contro tutti i loro interessi apparenti, per essere riconosciute per la loro mente e la loro espressione consapevole e razionale. (Chiariamo, le donne diverse sono belle. Ma è una bellezza diversa. Noti la loro bellezza quando hai assaggiato la loro interiorità. Prima, è come se il loro culo e le loro tette non esistessero.)

Torniamo alla domanda che mi sono posta. Quando è che una donna diventa cosà invece che così? Si tratta di donne dotate di una maggiore intelligenza, di una maggiore istruzione? Di donne nate con un gene erroneamente conformato? Si tratta solo di questo? Me lo sono chiesto davvero.
Come risposta, mi è apparsa nella mente la figura di Jane Eyre.
Eroina letteraria del romanzo omonimo, Jane Eyre, di Charlotte Bronte.
Charlotte era figlia di un pastore anglicano della periferica Inghilterra delle brughiere con una densità abitativa di 0.5 persone/100 km...non si può dire che nelle sua vita abbia avuto la possibilità di studiare o affacciarsi sul mondo esterno. Eppure, in quella sua eroina ha fatto fluire questa sottile, inosservata verità.

Jane Eyre è orfana, i suoi genitori si sono sposati per amore e per questo erano stati diseredati. Così, Jane non ha niente: nessuna dote, nessuna casa, nessuna amicizia. Viene tenuta in casa da una ricca e perfida zia che ha promesso di occuparsi di lei al marito, morto da molti anni. Nella grande casa Jane è trattata come una fastidiosa e strana bambina, viene tormentata dai cugini coetanei e nessuno la difende o si avvicina a lei. Infine la gelida zia decide di spedirla in un collegio religioso per ragazze indigenti-barra-indesiderate. In questo luogo Jane lotta contro mille angherie ed infine riesce ad affrancarsene, avendo acquisito un'istruzione, trovando lavoro come istitutrice, cioè insegnante privata. Jane parte ma è molto diversa da come era da bambina, almeno apparentemente. La sua ribellione l'ha fatta divenire rigida, non si concede alcuna morbidezza né fronzolo, ma questo non vuol dire che sia chiusa. Nella grande casa dove ha trovato lavoro non ha paura di voler bene alla bambina che le è stata affidata, una figlia illegittima tenuta nascosta alla buona società, non teme di mostrare la sua opinione indipendente agli intendenti e alla servitù, perfino al padrone. Questo è nettamente in contrasto con il suo aspetto, con il suo modo di presentarsi. Quando il nobile padrone della casa cade da cavallo su una strada deserta, oppure rischia la vita a causa di un incendio appiccato nella propria stanza mentre dorme, Jane lo aiuta gratuitamente, fregandosene di tutte le convenzioni e di tutto quello di cui ci si potrebbe aspettare da una come lei, una specie di pallida madonnina che non cura la propria pettinatura ed indossa sempre lo stesso vestito.
Riuscite a cogliere l'incredibile contraddizione che vive in questa creaturina, in questa Jane Eyre?


Eccola. E' piccolina, è pallida, è brutta, è povera, è rigida, paurosa, non invita a farsi toccare, a farsi guardare. Ma è intensamente presente tra le persone che le sono intorno. Ha opinioni forti, che esprime in modo intelligente, ha una fervida fantasia, un indomito coraggio. Si innamora del padrone, il signor Rochester, e sopporta ma non soffoca il dolore che nasce dal suo trattamento nei suoi confronti. E quando lui mostra curiosità per questa donna così diversa, non soggiace e non accetta con passività il suo interesse, ma ribatte, con forza, facendo brillare la propria anima.
E poi...e poi...e poi tutto finisce bene, nel modo più difficile possibile, naturalmente. 
Dopo questo breve ritratto, torniamo alla domanda. Come nascono le donne così?
Torniamo all'elemento più primitivo che caratterizza la Jane bambina, quando già viveva in una mondo a lei ostile: la sua caratteristica fondamentale è quella della fantasia. 
Jane si isola, non cerca i cugini che non fanno altro che tormentarla, preferisce stare da sola. In questo modo impara ad aver rispetto per sé stessa ma...come ci riesce? Cosa rende capace una donna di distaccarsi da quel suo talismanico bisogno di approvazione, di esser guardata e toccata...cosa? Io la chiamo fantasia. 
Jane riesce a stare da sola e a conservarsi libera ed intelligente grazie alla propria fantasia, alla propria mentalità aperta, proiettata verso il futuro, il Bene, l'Oltre. Sto parlando di quella capacità fantastica che sta alla pari della logica
Grazie alla fantasia legge ed immagina scenari fantastici, disegna, vaga per la campagna in compagnia di pensieri...ma non è nemmeno la fantasia a sé stante a metterla sulla strada della giustizia e del coraggio. 
E' il VALORE dato alla fantasia. Molti ritengono la fantasia e tutto ciò che ne consegue un valore da nulla. La fantasia non ti fa diventare medico, non ti fa trovare un bel marito, non ti fa arrivare lontano. Ed invece, io credo che il mezzo attraverso il quale Jane sopravvive come "donna cosà" è proprio il valore che lei dà alla propria fantasia. Le permette di andare oltre, di sentirsi parte di qualcosa di meno meschino e soffocante di questa schifosa razza umana, che ti getta addosso il suo egoismo liquidandoti con un finché non tocca a me.
La Fantasia di Jane Eyre è un qualcosa di quasi mistico, è il senso di compartecipazione ad una grande creatura invisibile che pervade il mondo e che respira. Va oltre l'egoismo. Chi ha bisogno di auto-compiacersi quando puoi vedere, stupirti e gioire delle bollicine d'acqua che sgorgano da sotto le foglie un po' marce appiccicate sul terreno dopo che ha piovuto. 
Le donne possono andare oltre alla propria femminilità grazie a questo. Di sicuro ci saranno altri modi, io conosco questo. Vorrei che altre donne me ne facessero conoscere altri :)
Vedi che le donne possono graffiare e spezzare le mura della storia e dell'evoluzione ed irrompere nel campo mentale di chi hanno attorno con una grande, intensa ed irresistibile complessità. 
Ho detto la propria femminilità. Ma questa femminilità, mie care, siamo proprio sicure che sia nostra? Ce lo siamo messe da sole questo abito, oppure ci è stato cucito addosso assieme a tutta l'importanza di cui qualcuno lo infarcisce per tenerci sotto controllo? Ho letto qualche tempo fa che l'invenzione della bellezza è stato il modo attraverso il quale l'uomo ha sempre dominato intellettualmente la donna, attraverso i secoli. Beh non mi trovo poi così in disaccordo. 
Ricordiamoci di Jane Eyre, uomini e donne. Qualcuno lo vede come uno stupido libro vittoriano che racconta di una maestrina noiosa che si innamora di fascinoso lord Qualunque. Ma non è così. Jane è una combattente per l'affermazione di una donna vera, migliore. E se io fossi un uomo, sarebbe quella donna che io desidererei ardentemente. 

Voglio concludere riportando un passo del libro, che non ha bisogno di commento per il proprio significato. In questo passo, dal capitolo 23, il padrone, il signor Rochester, cerca di capire i sentimenti di Jane provocandola e mettendola a dura prova (le fa credere di star per sposare un'altra), avendo in mente di farle confessare il suo amore. Ma lei gli dà una risposta inaspettata e meravigliosa, di fronte alla quale è lui a cedere.

"Pensate che io sia un automa? Una macchina senza sentimenti?...Pensate, siccome sono povera, oscura, comune ed insignificante che sia senza anima e cuore? Vi sbagliate, ho tanto spirito quanto voi, e sono ugualmente ripiena di sentimento...Non vi parlo adesso attraverso l'intermediazione dei costumi, delle convenzionalità, nemmeno della carne mortale; è la mia anima che si rivolge alla vostra anima; proprio come se entrambi fossimo passati attraverso la tomba, e ci trovassimo ai piedi di dio, uguali, come siamo."

Questo dice Jane/Charlotte nel 1847. 
E' pensando a parole come queste che a volte, lo ammetto, mi sento la persona più forte del mondo. 

Chiudo. Scusate ancora una volta la confusione, l'ingarbugliarsi delle frasi che mano a mano si trasforma in concitazione. Arrivederci. 

PS: Leggete Jane Eyre. Oppure guardate il film. Non quello del 2006 della BBC, non c'entra niente con il libro. Guardate quello del 1996 con Charlotte Gainsbourg. 


Riporto il passo del capitolo 23 in inglese: 
"Do you think I am an automaton? ­ a machine without feelings?...Do you think, because I am poor, obscure, plain, and little, I am soulless and heartless? You think wrong — I have as much soul as you, — and full as much heart...I am not talking to you now through the medium of custom, conventionalities, nor even of mortal flesh; — it is my spirit that addresses your spirit; just as if both had passed through the grave, and we stood at God's feet, equal, — as we are."